mercoledì 10 giugno 2015

L'acqua, il mare e Il tesoro di Montecristo

Illustrazione di Annalisa Di Carlo
Eravamo rimasti alla manifestazione No Ombrina del 23 maggio, o meglio – qui sul blog – a qualche breve riflessione formulata qualche giorno prima del corteo. 
  
Sull'adesione in massa all'appuntamento, non ci piove. Non ci piove, fra l'altro, è un mezzo gioco di parole da leggere con smorfia, dato che quel pomeriggio s'è abbattuto un diluvio monsonico su Lanciano e lo scompiglio del caso è stato inevitabile. C'era comunque davvero tanta, tanta, tantissima gente, e a prescindere dal resto questo è un fatto notevole e positivo
  
Il resto da cui prescindere di cui sopra è stato – incombenze meteorologiche citate escluse – qualche scivolone folkloristico collaterale, ma pure su questo punto c'è da dire che quando si accende la miccia a una problematica tanto sentita, quando la partecipazione assume dimensioni tanto grandi, va da sé che qua e là si svacchi un po', che la questione diventi suo (nostro?) malgrado pretesto per dell'altro. In fondo e manco troppo in fondo, un selfie a imperitura testimonianza del nostro impegno civile o una sventolata di bandierone fanno tanto fregno, i mi piace col pollicione su ci garbano sempre assai... o no?

Nicola Antonelli e Icks Borea
Foto rubate alla fantastica Luisa
Torniamo al grano e lasciamo da parte la pula. Fra le numerose iniziative che hanno preso corpo in giro per tenere viva l'attenzione sul problema No Ombrina e sulla manifestazione del 23 maggio, al Corvo Torvo, nel suo piccolo e triviale diario digitale, preme serbare ricordo di una in particolare. La sera del 21 maggio Beppe 'Icks' Borea e Nicola Antonelli, con la collaborazione di Annalisa Di Carlo, si sono incontrati nel piazzale dell'ex caserma dei carabinieri vicino al Teatro Fedele Fenaroli, qui a Lanciano, e hanno dato vita a un'entità performativa chiamata Il tesoro di Montecristo
  
Ora, Montecristo è un nome che rimanda alla memoria un bel numero di evocazioni: un po' di esse sono solenni sia per via del monte (che è una cosa alta) sia per il Cristo (che, per chi ha fiducia in certe argomentazioni millenarie, è una cosa altissima per difetto); un altro po' di evocazioni sono invece criptiche, per via del tesoro e della qualità nascosta di pregio che questo lemma si porta appresso per definizione; altre ancora sono un po' letterarie e liquide allo stesso tempo, per via del romanzo di Alexandre Dumas e dell'omonima isola toscana, su cui la leggenda popolare vuole si abbattano misteriose acque maledette. All'acqua del mare, al suo incessante immortale e mai immobile rinnovarsi sempre diverso da sé da milioni di anni, al suo panta rei vitale, avvolgente, riflettente, minacciato dalla mano dell'uomo è stato dedicato l'incontro. 
  
Mentre venivano proiettate le immagini di Nicola immerso nell'Adriatico, lui stesso e Annalisa insudiciavano un mare di tulle, immacolato e inumidito da un gioco d'acqua circolare e anteposto alla medesima proiezione, con un rosso che progressivamente si bruniva fino al nero petrolio. Il velo era infine squarciato. 

Vittore Verratti
Fonte: Il Manifesto dell'Adriatico
Contemporaneamente, Icks prestava la sua voce a tre movimenti recitativi: quello iniziale, attraverso le parole del letterato portoghese José Saramago (1922-2010) sull'infinitezza dell'esperienza naturale e acquatica in particolare, e sulla sua sorprendente, irruente e consolatoria semplicità (il paragrafo conclusivo di Viaggio in Portogallo del 1981, più alcuni versi sul moto ondino); il centrale, con la lettura del Manifesto dell'Adriatico, testo di energica denuncia sui rischi legati alla manipolazione delle risorse ambientali redatto da Vittore Verratti, che è medico e professore di Fisiologia Umana all'Università degli Studi Gabriele d'Annunzio e insieme uomo di lettere e poeta; il conclusivo, il viscerale Show di Giorgio Caproni (1912–1990), un j'accuse rigurgitato addosso all'ipocrisia e all'ostentazione delle gerarchie politiche, sedicenti paladine del Bene Comune – Mare nostrum compreso.
  
Il Corvo ci tiene un mondo, o meglio un mare, a ricordare Il tesoro di Montecristo. Primo, perché buttare tutto in gloriosa retorica e far prendere aria fresca all'ego col pretesto dell'impegno civile è uno sport diffusissimo, ma Icks Borea e Nicola Antonelli non l'hanno praticato; secondo, per la discrezione, la grazia e la pertinenza con cui il valore estetico della performance ha saputo misurarsi con l'attualità dell'orrida faccenda Ombrina
  
Fotografia di Giovanni Colaizzi
Invece di lasciarvi con l'abituale cra di commiato, Il Corvo Torvo scomoda e prende in prestito due penne enormi e mette sul piatto altrettante considerazioni. La prima è una riflessione di Pasolini sull'alterità e sulla difesa della coscienza di classe dall'appiattimento conformista nella lotta per i diritti civili; è del 1975 ed è estrapolata da un testo che Pier Paolo Pasolini avrebbe dovuto leggere al Congresso del Partito Radicale – avrebbe perché pochi giorni prima dell'incontro Pasolini fu assassinato. La seconda invece è tratta da La Peste (1947) di Albert Camus e la lasciamo al francese originario a dispetto dei non francofoni. È un piccolo inno all'equilibrio naturale fra l'uomo e il mare di cui si nutre molta della produzione dell'autore

Dove ripulirsi dallo sporco del mondo se non nell'acqua? Che si fa se anche l'acqua dell'Adriatico ce la lasciamo sporcare sotto il naso?

***

[…] Attraverso il marxismo, l'apostolato dei giovani estremisti di estrazione borghese - l'apostolato in favore della coscienza dei diritti e della volontà di realizzarli - altro non è che la rabbia inconscia del borghese povero contro il borghese ricco, del borghese giovane contro il borghese vecchio, del borghese impotente contro il borghese potente, del borghese piccolo contro il borghese grande.
E' un'inconscia guerra civile - mascherata da lotta di classe - dentro l'inferno della coscienza borghese. (Si ricordi bene: sto parlando di estremisti, non di comunisti). Le persone adorabili che non sanno di avere diritti, oppure le persone adorabili che lo sanno ma ci rinunciano - in questa guerra civile mascherata - rivestono una ben nota e antica funzione: quella di essere carne da macello.
Con inconscia ipocrisia, essi sono utilizzati, in primo luogo, come soggetti di un transfert che libera la coscienza dal peso dell'invidia e del rancore economico; e, in secondo luogo, sono lanciati dai borghesi giovani, poveri, incerti e fanatici, come un esercito di paria "puri", in una lotta inconsapevolmente impura, appunto contro i borghesi vecchi, ricchi, certi e fascisti. [...]

Infatti: l'estremista che insegna agli altri ad avere dei diritti, che cosa insegna? Insegna che chi serve ha gli identici diritti di chi comanda. L'estremista che insegna agli altri a lottare per ottenere i propri diritti, che cosa insegna? Insegna che bisogna usufruire degli identici diritti dei padroni. L'estremista che insegna agli altri che coloro che sono sfruttati dagli sfruttatori sono infelici, che cosa insegna? Insegna che bisogna pretendere l'identica felicità degli sfruttatori. Il risultato che in tal modo eventualmente è raggiunto è dunque una identificazione: cioè nel caso migliore una democratizzazione in senso borghese. La tragedia degli estremisti consiste così nell'aver fatto regredire una lotta che essi verbalmente definiscono rivoluzionaria marxista-leninista, in una lotta civile vecchia come la borghesia: essenziale alla stessa esistenza della borghesia. La realizzazione dei propri diritti altro non fa che promuovere chi li ottiene al grado di borghese. [...]

Mentre gli estremisti lottano per i diritti civili marxistizzati pragmaticamente, in nome, come ho detto, di una identificazione finale tra sfruttato e sfruttatore, i comunisti, invece, lottano per i diritti civili in nome di una alterità. Alterità (non semplice alternativa) che per sua stessa natura esclude ogni possibile assimilazione degli sfruttati con gli sfruttatori. […] Dunque, bisogna lottare per la conservazione di tutte le forme, alterne e subalterne, di cultura. È ciò che avete fatto voi in tutti questi anni, specialmente negli ultimi. E siete riusciti a trovare forme alterne e subalterne di cultura dappertutto: al centro della città, e negli angoli più lontani, più morti, più infrequentabili. Non avete avuto alcun rispetto umano, nessuna falsa dignità, e non siete soggiaciuti ad alcun ricatto. [...]

C'è un'alterità che riguarda la maggioranza e un'alterità che riguarda le minoranze. Il problema che riguarda la distruzione della cultura della classe dominata, come eliminazione di una alterità dialettica e dunque minacciosa, è un problema che riguarda la maggioranza. [...]

Attraverso l'adozione marxistizzata dei diritti civili da parte degli estremisti […] i diritti civili sono entrati a far parte non solo della coscienza, ma anche della dinamica di tutta la classe dirigente italiana di fede progressista. Non parlo dei vostri simpatizzanti. Non parlo di coloro che avete raggiunto nei luoghi più lontani e diversi: fatto di cui siete giustamente orgogliosi. Parlo degli intellettuali socialisti, degli intellettuali comunisti, degli intellettuali cattolici di sinistra, degli intellettuali generici, sic et simpliciter: in questa massa di intellettuali - attraverso i vostri successi - la vostra passione irregolare per la libertà, si è codificata, ha acquistato la certezza del conformismo, e addirittura (attraverso un "modello" imitato sempre dai giovani estremisti) del terrorismo e della demagogia. [...]

Contro tutto questo voi non dovete far altro (io credo) che continuare semplicemente a essere voi stessi: il che significa essere continuamente irriconoscibili. Dimenticare subito i grandi successi: e continuare imperterriti, ostinati, eternamente contrari, a pretendere, a volere, a identificarvi col diverso; a scandalizzare; a bestemmiare.

Pier Paolo Pasolini, "Intervento al congresso del Partito Radicale", Saggi sulla politica e sulla società (Mondadori, 1999)




Un moment après, l’auto s’arrêtait près des grilles du port.
La lune s’était levée. Un ciel laiteux projetait partout des ombres pâles. Derrière eux s’étageait la ville et il en venait un souffle chaud et malade qui les poussait vers la mer. Ils montrèrent leurs papiers à un garde qui les examina assez longuement. Ils passèrent et à travers les terre - pleins couverts de tonneaux, parmi les senteurs de vin et de poisson, ils prirent la direction de la jetée. Peu avant d’y arriver, l’odeur de l’iode et des algues leur annonça la mer. Puis ils l’entendirent.

Elle sifflait doucement au pied des grands blocs de la jetée et, comme ils les gravissaient, elle leur apparut, épaisse comme du velours, souple et lisse comme une bête. Ils s’installèrent sur les rochers tournés vers le large. Les eaux se gonflaient et redescendaient lentement. Cette respiration calme de la mer faisait naître et disparaître des reflets huileux à la surface des eaux. Devant eux, la nuit était sans limites. Rieux, qui sentait sous ses doigts le visage grêlé des rochers, était plein d’un étrange bonheur. Tourné vers Tarrou, il devina, sur le visage calme et grave de son ami, ce même bonheur qui n’oubliait rien, pas même l’assassinat.Ils se déshabillèrent. Rieux plongea le premier. Froides d’abord, les eaux lui parurent tièdes quand il remonta. Au bout de quelques brasses, il savait que la mer, ce soir-là, était tiède, de la tiédeur des mers d’automne qui reprennent à la terre la chaleur emmagasinée pendant de longs mois. Il nageait régulièrement. Le battement de ses pieds laissait derrière lui un bouillonnement d’écume, l’eau fuyait le long de ses bras pour se coller à ses jambes. Un lourd clapotement lui apprit que Tarrou avait plongé. Rieux se mit sur le dos et se tint immobile, face au ciel renversé, plein de lune et d’étoiles.Il respira longuement. Puis il perçut de plus en plus distinctement un bruit d’eau battue, étrangement clair dans le silence et la solitude de la nuit.
Tarrou se rapprochait, on entendit bientôt sa respiration. Rieux se retourna, se mit au niveau de son ami, et nagea dans le même rythme. Tarrou avançait avec plus de puissance que lui et il dut précipiter son allure. Pendant quelques minutes, ils avancèrent avec la même cadence et la même vigueur, solitaires, loin du monde, libérés enfin de la ville et de la peste. Rieux s’arrêta le premier et ils revinrent lentement, sauf à un moment où ils entrèrent dans un courant glacé. Sans rien dire, ils précipitèrent tous deux leur mouvement, fouettés par cette surprise de la mer.

Albert Camus, La Peste (Editions Gallimard 1947)

lunedì 1 giugno 2015

Pueblo Dominicano: le fotografie di Mauro Voccia in mostra al Corvo Torvo

Al Corvo Torvo i muri hanno sempre qualcosa di speciale da raccontare e le storie cui si è scelto di dare spazio nel corrente mese di giugno sono narrate da Mauro Voccia

"This thing of darkness I aknoledge mine", W. Shakespeare - Silvano si misura col suo alter ego dominicano
I personaggi di queste storie non hanno nulla,  di inventato o di novellistico in realtà, si tratta di persone vere. L'autore ha incrociato le loro vite con la sua durante un viaggio nella Repubblica Dominicana, terra che fu fra i primissimi insediamenti di Colombo e per secoli alla mercé degli abusi perpetrati dai colonizzatori europei. 

Pueblo Dominicano è una mostra fotografica che raccoglie e condivide la memoria dei piccoli attimi in cui il cammino di Mauro Voccia ha intersecato quello di esseri umani che vivono un quotidiano scarno ma sostanziale, molto distante dalla frenetica sovrastrutturazione delle nostre latitudini. Gli stessi scatti di Mauro Voccia sono tutti giocati sull'essenzialità del bianco e nero e sulla luce - con relative ombre - degli intensi sguardi condivisi. 

Oltre a Pueblo Dominicano, in sala sono presenti anche due scatti che Mauro Voccia ha affidato alla rielaborazione di Silvia Romano e Laura Rosati.

Dove saranno mai tutte queste persone, adesso? Cosa staranno facendo? Cosa pensavano mentre la reflex ne scrutava e sequestrava la posa? Passate a circondarvi di begli occhi e viaggiategli dentro fino ai Caraibi, ai pensieri e oltre: il Pueblo Domenicano di Mauro Voccia accompagnerà le pareti del Corvo Torvo fino al 31 luglio. Non perdetevelo!