lunedì 26 gennaio 2015

Puzza Fa' Lu Blues

Il Corvo è il pennuto dall'animo Torvo, nostalgico e languido per antonomasia, e qua all'Osteria tutto è traboccante di blues – persino le coppe dei dessert prima di essere consolate a mestolate di creme goduriose da Silvano. Insomma, è sì un fatto di musica ma non esclusivamente: qua il blues scorre nel sangue, sotto la pelle e pure nelle stoviglie, e chi vuole bene a questo posto per affinità elettive non potrà non apprezzare quanto stiamo per annunciare.

Da fine febbraio, un venerdì sì e uno no e fino a primavera inoltrata – poi arriverà il caldo e si spera ci saremo lasciati alle spalle struggimenti vari in onore di espadrillas e spensieratezza – Puzza Fa' Lu Blues celebrerà questo mood per anime sospese fra tormento, sensualissimo scazzo e cadenzato tasso alcolemico con cinque appuntamenti di musica live che non potete e non vorrete perdervi. 



I concerti, come da rotadissimo costume, sono a ingresso libero22:30, 23:00 trattabili.
Ricordiamo sempre che si accettano prenotazioni ai tavoli esclusivamente per chi si ferma a cena. Se ci seguite virtualmente ma non avete ancora fisicamente sperimentato la cucina del Corvo, non possiamo che invitarvi a cogliere l'occasione e raggiungerci prima del live per dedicarvi alla sezione mangereccia (il menu attuale lo trovate cliccando qui). 



Il calendario di Puzza Fa' Lu Blues è qui di séguito:
  • venerdì 27 febbraio – The Bigballs Eggs and Cheese (Delta Blues anni '30)
  • venerdì 13 marzo – The Swamp (swing blues)
  • venerdì 27 marzo – Dago Red
  • venerdì 10 aprile – Mammasé Blues Band
  • venerdì 24 aprile – Federico Sirianni in Vernon, Matilda e altre storie - omaggio a Tom Waits
I contatti per le informazioni e le prenotazioni invece sono i soliti: telefono - 0872 716303 oppure 347 7158527 - e Profilo Facebook di Silvano.

Locandina a dir poco stilosissima a cura di Annalisa Di Carlo
 

mercoledì 7 gennaio 2015

In principio fu il seme

«Dà vita al seme, e rinasce con il seme
Tanto ma tanto ma tanto tempo fa, Dio non solo non si chiamava Dio, ma era pure Femmina. Qua e là gli davano nomi diversi, tipo Gaia, oppure Potnia Theron, e poi Cibele, Astarte, Rea, Demetra... Insomma, paese che andavi, carta d'identità che trovavi. Tuttavia, un paio di attributi di non poco conto, in queste plurali Grandi Madri tettone e culone, ricorreva fedelmente in tutte le civiltà che hanno tramandato testimonianza di tale culto con statuette e reperti superstiti vari.

Queste due caratteristiche importanti fanno parte per un verso di tutto ciò che ha a che fare con la fertilità e la facoltà di procreazione, mentre per l'altro verso hanno a che vedere con l'esatto contrario, vale a dire il potere di dare la morte.

Iniziare il nuovo anno sulla paginetta del blog con argomenti funesti di questo genere è un po' tetro. A Lanciano siamo pure reduci da una innevata di quelle pesanti, la neve si è finalmente sciolta restituendoci ai ritmi vitali pre-natalizi, quindi se ci ficchiamo dentro il discorso delle Dee Madri-Terra che danno la vita, la tolgono una volta l'anno per poi donarla di nuovo dopo aver custodito spore e semini per tutto l'inverno, alla fine la cosa non è poi così lugubre. Magari è anche più divertente, perché spore e semini rimandano ad attività ginniche abbastanza piacevoli se estrapolate dal mondo dei campi e degli orti e riportate alle nostre esistenze procaci e cicciocarnose di esseri umani.

Biscottini con Montepulciano DOC e semi di cumino
Anche le Grandi Madri delle civiltà agricole e matriarcali precendenti l'avvento dei monoteismi mediorientali (3500-2500 a.C.) si dedicavano con generosità alle operazioni ingravidanti di cui sopra, ma lo facevano con controparti maschili “di passaggio”, paredri stagionali destinati alla morte dopo l'inseminazione della Dea-Terra eterna. Anzi c'è anche a chi andò molto peggio: per esempio a quel poveraccio di Osiride non restò nemmeno la consolazione della copula perché Iside si fece ingravidare del figlio Horus dopo aver ricomposto il cadavere del marito e averlo rattoppato in quel posto lì con un candelotto. Chi ha visto Medea di Pasolini invece magari si ricorda la scena per stomaci forti del sacrificio umano all'inizio del film, in cui un aitante giovinetto veniva crocefisso e poi dilaniato, e i cui resti e sangue erano infine frizionati su campi e vitigni a mo' di fertilizzante. E nemmeno lì ci scappava l'ultimo desiderio del condannato a morte.

Miti a parte, ritorniamo ai gloriosi amici semini. Dato che il corvo è un volatile, dato che Il Corvo Torvo è un'osteria, dato che ogni tanto il maschio Silvano propone stagionalmente e con estrosa virilità piatti che prevedono finiture a base di semi, non è un male toccare l'argomento sotto il profilo gastronomico. Anche perché, per quanto piccoli nelle dimensioni e apparentemente trascurabili, i semi non sono per niente delle cosine banali o accessorie – anche solo pensando a quello che viene fuori piantandoli in terra si capisce il perché. Ogni singolo semino nasconde in potenza un microcosmo vitale tutto suo, e magari suona pure un po' melodrammatico ma questa sì che è una questione commovente.

Qualche tempo fa, Silvano preparò dei Biscottini impastati con Montepulciano d'Abruzzo DOC e semi di cumino, mentre il menu alla carta corrente ospita gli Straccetti di pollo al curry e ananas e semi di cumino. Bene, il cumino è ricco in acidi grassi essenziali – ovvero acidi grassi non prodotti dall'organismo umano e quindi da introdurre necessariamente attraverso l'alimentazione – e ferro. I semi di cumino sono in realtà i frutti della pianta, e hanno un sapore piacevolmente amarognolo con una punta di piccante.
Il sesamo invece - quello che faceva aprire le porte di Alì Babà – ultimamente Silvano lo spolvera sui Maltagliati alla maggiorana con salsiccia e tartufo, a crudo, a piatto finito, e questa è un'ottima cosa perché gli olii contenuti nei semi si deteriorano con il calore e perdono un bel po' delle loro generose proprietà. Il sesamo costituisce una buona fonte di fibre, vitamine del gruppo B e sali minerali come calcio, magnesio, ferro e silicio.

Impasto con farina di canapa
Dai suoi semi si può anche ricavare un ottimo olio, così come anche nel caso della canapa. L'olio di semi di canapa ha un sapore che ricorda quello della noce, ed è ottimo nella preparazione di dolci in sostituzione di grassi animali, olii di semi vari – spesso prodotti da materie prime... maltrattate – e olio di oliva. I semi di Cannabis Sativa contengono potassio, fosforo magnesio, e una gran quantità di diverse vitamine. Al Corvo in realtà non se ne stanno utilizzando i semi ma la farina per il Timballino di crêpes di farina di canapa con zucca e porri e per i Maltagliati, ma quando c'è di mezzo Silvano, mai dire mai... 

Cra e auguri buon anno!



«Raccoglierai solo ciò che hai seminato»



Spunti tratti da:
- R. Graves, R. Patai, I miti ebraici, Milano 1988.
- C. Monti, Le erbe aromatiche e le spezie. Cucina, salute e bellezza, Milano 2002.
- L. Rangoni, La Grande Madre. Il culto del femminile nella storia, Milano 2005.