giovedì 26 dicembre 2013

I funghi dell'Alto Sangro (prima parte)

"Cosa essere tu?"
Ai frequentatori abituali del Corvo Torvo non sarà sfuggita una particolare predilezione di Silvano per le pietanze a base di funghi. All'osteria amiamo i funghi, siamo appassionati di funghi, vi proponiamo preparazioni con funghi ogniqualvolta ci è possibile – vale a dire quando favorevoli congiunzioni astrali ci mettono a disposizione materia prima di qualità. Poiché – repetita iuvant – coi funghi non si scherza, e per quanto squisiti siano loro e per quanto golosi siamo noi di loro, il gioco non vale la candela: mai rischiare l'ingestione di esemplari mal conservati e della cui identità non si è pienamente sicuri. Di funghi si può anche morire, la loro raccolta è regolamentata da leggi imprescindibili (per quanto concerne la Regione Abruzzo, in particolare, potete fare affidamento a questo link) e occorre sempre rivolgersi all’Ispettorato Micologico dell'A.S.L. di riferimento per il riconoscimento delle specie fungine raccolte.

Quello dei funghi – o miceti – è un Regno Biologico vastissimo e variegato in quanto a morfologia e numero di specie. In questa sede e in questo contesto non possiamo che dedicarci ai funghi nei quali vi sarà capitato di imbattervi banchettando al Corvo, che sono poi quelli incrociabili per i boschi dell'Alto Sangro e zone limitrofe in particolari circostanze ambientali. In generale, l'unica condizione climatica in cui la fruttificazione micetica si blocca è quella di forte calore e secchezza dell'aria, sebbene in natura si trovino perfino funghi vegetanti su terreni sterili e sabbiosi che si alimentano per mezzo di residui organici presenti nel sottosuolo.

L'apporto nutrizionale dei funghi è abbastanza scarso, e il loro valore alimentare è prettamente gastronomico. In media 100 gr di funghi forniscono dalle 10 alle 20 Kcal. Sono composti da acqua per il 90-94%, protidi per il 2-5%, carboidrati per il 2-4% e lipidi 0-1%. Essendo in essi presenti anche fibre indigeribili – cellulosa e chitina – i funghi possono provocare disturbi di natura gastro-intestinale in soggetti predisposti.

Ora, torniamo ai funghi con cui abbiamo familiarità dalle nostre parti. Abbiamo selezionato un piccolo campionario dei ritrovamenti effettuati dal prode Silvano medesimo durante le sue leggendarie escursioni silvestri. Questa è la prima di una piccola serie di “puntate” di funghi for dummies: date un'occhiata e tenete bene a mente per quando decidete di avventurarvi fra le fitte coltri boschive dei dintorni se non siete tanto pratici (magari indossate pure un bel paio di stivali di gomma e portatevi dietro il TomTom).

Per ogni tipologia di fungo indichiamo il nome scientifico, composto da due termini – il genere e la specie – più i nomi, spesso variabili da luogo a luogo, con cui è conosciuto fra noi comuni mortali.

***


Amanita panterina
Amanita pantherina

Cominciamo la rassegna dei funghi in cui avete possibilità di imbattervi dalle nostre parti con un tipetto da evitare assolutamente quanto meno a tavola, a causa della sua velenosità. È molto comune nei boschi di conifera e latifoglia dall'estate all'autunno, ed è conosciuto popolarmente come Amanita panterina, Tignosa rigata, Tignosa bigia e Tignosa bruna.

Il cappello di questo fungo, di forma convessa o piana, ha colore brunastro ed è solitamente ricoperto da piccole verruche bianco latte dai margini striati. Il gambo, bianco, ha forma cilindrica assottigliantesi verso l'alto. Presenta un anello liscio.

L'Amanita panterina non emana odori particolari; come accennavamo è da escluderne l'uso alimentare perché è velenosa. L'ingestione, a parte i più comuni disturbi gastro-intestinali da intossicazione, provoca la cosiddetta sindrome panterinica, una sindrome a “breve latenza” che sopraggiunge dopo circa 15 minuti e non si protrae oltre le 4 ore, con disturbi al sistema nervoso quali euforia, stato confusionale, collera, dilatazione e restringimento della pupilla (midriasi), ipotensione, tachicardia, convulsioni e perfino coma.


 
Boletus edulis, meglio noto come Porcino
Boletus edulis


L'aggettivo latino edulis significa “commestibile, edibile”. I nomi volgari più diffusi per questo fungo sono Ceppatello buono e – soprattutto – Porcino. Lo si può trovare dall'estate fino a tutto l'autunno in tutti i tipi di bosco a esclusione di quelli di larice.

Il cappello è emisferico, poi convesso; è leggermente rugoso e di colore che va dal castagno al biancastro. L'imenio – che è la parte sottostante il cappello che produce le spore, cioè le cellule riproduttive del fungo – è invece di colore bianco-giallastro virante al verde. Il gambo, di colore bianco-grigiastro, si presenta in forme variabili – a volte è cilindrico, altre simile a un bulbo – ed è ricoperto da un reticolo bianco a maglie allungate. La polpa al taglio è di colore bianco con qualche sfumatura rosea, e tale pigmentazione tende a restare stabile. Il carpoforo – l'insieme di cappello, imenio e gambo, ovvero il fungo inteso come “frutto” nella sua interezza – può raggiungere dimensioni abbastanza grandi, con oltre i 30 cm di diametro nel cappello.

Il Porcino ha un odore molto caratteristico e gradevole, ed è fra i funghi più conosciuti e apprezzati per uso gastronomico. È ottimo anche essiccato, polverizzato e conservato sottolio.



Famigliola di Boleti pinicola
Boletus pinicola o Boletus pinophilum

È conosciuto coi nomi volgari Boleto pinicola, Pinicola, Pinofilo, Porcino dei pini e Porcino rosso. È possibile trovarne esemplari da giugno a novembre; in Italia cresce nel Sud in boschi misti di conifera e latifoglia.

Porcini rossi innamorati (forse)
Il cappello, emisferico, è di colore da rossiccio a nerastro, e ha consistenza piena e carnosa. Nell'imenio i tubuli hanno colore giallastro-verdastro, mentre i pori sono piccoli e tondi. Il gambo è robusto e massiccio, ricoperto da un reticolo rossastro. La carne al taglio si presenta bianca. Anche il Pinicola può raggiungere le dimensioni notevoli dell'Edulis.

In cucina è ottimo e presenta caratteristiche organolettiche simili al Porcino.




Porcinello
Boletus rufus o Leccinum aurantiacum



È conosciuto coi nomi volgari Boleto rufo, Leccino, Porcinello, Rossino (il latino rufus significa letteralmente “dai capelli rossi”, mentre aurantiacum ha il significato di “aranciato”). Lo si trova in autunno, in particolare in boschi di betulla e pioppo.

Presenta un cappello inizialmente emisferico, poi convesso e piano, di colore arancio. L'imenio è formato da pori piccoli e tondi, e lunghi tubuli di colore grigiastro. Il gambo, di forma cilindrica, è piuttosto lungo e si assottiglia verso la parte alta; in superficie è rugoso e striato, e presenta squame scure.

Quando si taglia il fungo, la polpa a contatto con l'aria tende a ossidarsi dal grigio verso il rosa e l'azzurro.

L'odore del Boletus rufus non presenta particolarità apprezzabili, mentre in cucina ha buona resa e buona appetibilità. In cottura diventa nero. Il gambo resta abbastanza legnoso, e per questo c'è chi lo scarta salvando esclusivamente il cappello.


(Silvia Di Maulo)

sabato 21 dicembre 2013

Canzoni per l'inverno

Conoscete la Festa di Yule? Ecco, oggi è il solstizio d'inverno, che è poi il giorno in cui il Sole splende sulla Terra per un tempo minimo rispetto a tutti gli altri giorni dell'anno in corso e segna l'inizio dell'inverno astronomico. E oltre a essere il solstizio d'inverno, oggi è la Festa di Yule per i popoli di tradizioni germanica e celtica, ovvero il giorno in cui la  Madre Terra partorisce il Sole Bambino e come ogni anno rinnova il ciclo della Natura sempreverde e dei suoi frutti, che se ne stanno a sonnecchiare virtualmente sotto le nevi nella stagione fredda per poi esplodere con il ritorno dei mesi caldi.

Alle nostre latitudini terroniche, nel frattempo, Proserpina se ne va in letargo nell'Averno, d'inverno, col dio degli inferi Plutone abbandonando mamma Cerere – la dea mediterranea delle messi e della fertilità della Terra – a lunghi mesi di buio e freddo.

Mentre imbacucchiamo i nostri abeti a festa, schiocchiamo bacetti sotto il vischio e il Bambinello è sulla via della mangiatoia, al Corvo Torvo scongiuriamo sempiterni geloni e mestizie da carenza di ore solari a ritmo di musica. Se c'è una fettina di serenità, nei vostri ricordi, che vi riporta a qualche quarto d'ora di spensieratezza consumato in un angoletto dell'Osteria con un buon piatto caldo e un buon bicchiere di vino fra amici, probabilmente di quella piacevole fettina di ricordi fa parte anche una canzone – e forse anche più di un'unica canzone – fra quelle che trovate a questo link qui. Il Corvo le ha tutte nel cuore in modo speciale.

Quest'anno si gela più che in altri inverni, ma ancora un in bocca al lupo generoso per i giorni a venire ce lo possiamo concedere. Teniamoci stretti perché magari fa meno freddo, e teniamoci stretti i ricordi belli che danno coraggio – si spera. Passano i solstizi d'inverno, passeranno pure le nottatacce di questi giorni complicati. 

Buon fine anno a tutti.




(Silvia Di Maulo)