Quelle che state per leggere sono le
parole più brutte e prive di senso pubblicate da due anni e qualcosa
a questa parte sul blog.
Il Corvo chiude. Niente più cra-cra,
oste rilassato, foglie di ceramica, Francesca e Annalisa che si smazzano
fra i tavoli mentre vi prendete qualche chiovo potente
scarabocchiando le tovagliette di carta... Manco più musica figa,
nulla più, tutto finito. Un posto così nei paraggi non c'è.
Chiedetevi se c'è, e rispondetevi da soli no non c'è, per un
milione di motivi. Pregi e difetti del caso, tutto insieme... Sommate e sottraete. Ma non
c'è un posto così, non ci sarà più.
La cosa più orrenda di tutte è che Il
Corvo non chiude perché non ci va gente, e allora certo che dovrebbe
chiudere. Anzi, Il Corvo va bene, e questa è proprio la parte
peggiore della questione. Il Corvo è strapieno di gente il sabato, e
non riesce a starsene mai tanto per i cavoli suoi manco prima del
weekend. Insomma, lavoro ce n'è e pure tanto, ed è probabile che ce
ne sarebbe stato ancora di più nei mesi a venire. Lo dice sempre quel coglione boyscout che siamo fuori dalla crisi. E infatti siamo fuori dalla crisi e Il Corvo chiude.
Il fatto è che non importa quanto uno si spezzi la schiena e ci sia da sgobbare davanti ai fornelli e alla lavastoviglie, non importa quanto tu sia pronto a rischiare pur di fare qualcosa che piace a te prima di tutto, in cui sei pronto a mettere la tua faccia, qualcosa che ti appaga, che ti tira da morire e devi fare se non vuoi sputarti quando ti guardi allo specchio, qualcosa di diverso dall'ordinario, di forte, di vero, di fuori mercato – e non importa neanche quanto tutto questo venga ricevuto o apprezzato. Non importa più un cazzo di niente perché lo Stato se lo mangia a tasse, e tu non puoi farci nulla.
Sì, questo è
un fantastico post che piove, governo ladro, e Il Corvo
sostanzialmente chiude per cose poco romantiche e molto pragmatiche, le tasse, perché se hai un'attività di
ristorazione e vuoi mettere sulla tavola roba degna rispettando tutte
le regole, pure quelle più assurde e pretestuose, poi non solo ti va
di lusso se non ci rimetti di tasca tua, ma ti ritrovi pure a tirare
a campare in un posto che ha da offrire pochissimo in termini di
servizi e cultura e sanità e istruzione. Chi se l'aspettava che sarebbe tutto finito
scrivendo cose tipo un Del Debbio da due lire?
Ma voi, nei panni di
uno che si fa un mazzo tanto per seguire la bellezza e condividerla
in tutto quello che tiene sotto mano – nel cibo, sui muri,
nell'aria – e vede che questa cosa è accettata, ben voluta, ha
riscontro; voi nei panni di uno che poi si ferma a tirare le somme e
si rende conto che il sistema gli risucchia metà delle risorse
psicofisiche e monetarie, e in cambio gli para davanti un orizzonte
di sbattimento a ruota e zero prospettive di miglioramento,
nonostante tutto regga alla perfezione; voi, in quei panni lì,
quanto resistereste senza strapparveli di dosso e sfanculare tutto?
Il Corvo chiude perché manco andare bene è più sostenibile. Andare
bene è sostenibile fino a quando sei disposto ad accettare lo
sfiancamento del morto a galla. Avete figli? Chi ha figli la gloria
dopo un po' se la mette sotto le scarpe, perché con la gloria da
sola non ci paghi le bollette di casa, e dopo un po' la gloria
incattivisce e toglie la voglia di fare. Conservate i ricordi
migliori, Il Corvo non c'è più perché non c'è alternativa.
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