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Le Cosmicomiche, bizzare cosmogonie fra scienza e poesia | |
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Ma voi l'avete
mai preparata la pasta a mano? È un'esperienza appagante, un atto
d'amore condiviso – se non vi mangiate tutto voi; fa bene all'ego e
riconcilia con la parte più intima, primordiale e fanciullesca di
noi stessi: quella che fa i miscugli, sperimenta, e plasma nutrimento
con le cose più elementari.
Preparare
la pasta a mano non soltanto è semplice, ma permette di avere una più piena
consapevolezza del valore degli ingredienti in termini
nutrizionali, economici, qualitativi.
Tutto
quello che vi serve è acqua, un pizzico di sale e farina – o
meglio, semola, dato che la farina in senso stretto è quella derivata dalla lavorazione del grano tenero (Triticum vulgare, 42
cromosomi). Per la pasta, invece, ci vuole per l'appunto la semola di
grano duro (Triticum durum, 28 cromosomi), che rispetto al cugino
tenero presenta una maggiore quantità di due proteine in
particolare: la glutenina – responsabile del grado di tenacità ed
elasticità dell'impasto – e la gliadina, che determina viscosità
ed estendibilità.
Ora,
quando facciamo la nostra bella fontanella di semola e piano piano
uniamo l'acqua lavorando di polso, avviene che glutenina e gliadina,
idratandosi, si uniscono fra loro dando origine
al glutine, famigerato nemico dei celiaci. Come un reticolo, il
glutine trattiene le molecole di amido al suo interno; ed ecco perché è
importante lavorare per bene l'impasto: più si lavora, più il
calore sprigionato dal nostro movimento agevola questa fusione fra
componente proteica e zuccheri complessi. Maggiore è la percentuale
glutinica, più omogeneo e resistente risulterà l'impasto.
Silvano
Piccirilli propone spesso al Corvo in menu le sagnette, condite a
seconda della stagionalità in modi che rivisitano un classico tanto
caro alla tradizione culinaria abruzzese. Qui vi diamo qualche dritta
per la preparazione della pasta. Negli ultimi tempi, fra l'altro, c'è
stata una riscoperta dell'ottima varietà di grano duro Senatore
Cappelli, “nonno” dei grani duri moderni geneticamente modificati
e prodotto in agricoltura biologica. Deve il suo nome al senatore
Raffaele Cappelli, aprutino verace di San Demetrio ne' Vestini (AQ),
che ne favorì la diffusione. Quindi, se avete voglia di farvi una
bella impastata abruzzese di qualità, questa semola sicuramente non
stona.
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... e si va di mattarello. Stendete dal centro! |
Le
proporzioni di acqua e farina sono di 1 a 2 – dunque, per esempio:
100 gr di acqua e 200 gr di farina. Si unisce un pizzico di sale, si
lavora con energia, e si lascia asciugare l'impasto a riposo per
almeno mezz'ora. A questo punto, infarinatevi per bene le mani e
schiacciate l'impasto – infarinandolo in superficie a sua volta -
più che potete a mo' di frittella, e si va di mattarello. Stendete
dal centro della frittella, prima verso l'alto e poi verso il basso,
e cercate di darle una forma rettangolare. Se la pasta tende a
restare attaccata al mattarello significa che è ancora umida, e vi
conviene insemolarne la superficie.
Non
stendete la pasta troppo sottilmente: la sagna è una roba rustica!
Un paio di millimetri di spessore va bene.
A
questo punto tagliate la sfoglia di pasta in più rettangoli
dell'altezza di 5 cm circa. Sempre infarinando con generosità,
adagiate due o tre rettangoli di pasta uno sopra l'altro, e con un
coltello trinciante tagliate per obliquo, lungo il senso
dell'altezza, delle striscette di pasta. Ecco, quelle sono le famose
sagnette!
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...con un coltello trinciante tagliate per obliquo delle striscette di pasta. |
Prima di cuocere la pasta, mettetela ad asciugare per un paio di ore almeno. Prendete un vassoio, infarinatelo per bene –
magari aiutandovi con un setaccio come fa Silvano in foto – e
adagiatevi le sagnette dopo aver insemolato pure loro (potete farvi l'applauso come fa Silvano in foto). Cercate di non
sovrapporre le strisce di pasta onde evitare eventuali
appiccicamenti.
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...non
sovrapporre le strisce di pasta onde evitare eventuali
appiccicamenti. |
Fate
riposare il tutto, poi potete cuocere in acqua salata in ebollizione
dopo aver eliminato la farina in eccesso col solito setaccio. Per
quanto tempo si fa cuocere? Il tempo di buttare la pasta e vederla
risalire in superficie: quando le sagnette riemergono, significa che
sono pronte per essere scolate, condite e mangiate.
Di
pasta fatta a mano - nella versione più ricca con le uova – e di
tutto il mondo di storia, cultura e sconfinati spazi emozionali che
si porta con sé questa tradizione domestica e confidenziale, scrisse
Italo Calvino mezzo secolo fa. Vi lasciamo con le sue parole.
Cra
dal Corvo e buon impasto!
***
Si stava così bene tutti insieme, così bene, che
qualcosa di straordinario doveva pur accadere. Bastò che a un certo
momento lei dicesse: - Ragazzi, avessi un po' di spazio, come mi
piacerebbe farvi le tagliatelle! - E in quel momento
tutti pensammo allo spazio che averbbero occupato le tonde
braccia di lei muovendosi avanti e indietro con il mattarello sulla
sfoglia di pasta, il petto di lei calando sul gran mucchio di farina
e uova che ingombrava il largo tagliere mentre le sue braccia
impastavano impastavano, bianche e unte d'olio fin sopra al gomito;
pensammo allo spazio che avrebbero occupato la farina, e il grano per
fare la farina, e i campi per coltivare il grano, e le montagne da
cui scendeva l'acqua per irrigare i campi, e i pascoli per le mandrie
di vitelli che avrebbero dato la carne per il sugo; allo spazio che
ci sarebbe voluto perché il Sole arrivasse con i suoi raggi a
maturare il grano; allo spazio perché dalle nubi di gas stellari il
Sole si condensasse e bruciasse; alle quantità di stelle e galassie
e ammassi galattici in fuga nello spazio che ci sarebbero volute per
tener sospesa ogni galassia ogni nebula ogni sole ogni pianeta, e
nello stesso tempo del pensarlo questo spazio inarrestabilmente si
formava, nello stesso tempo in cui la signora Ph(i)Nko
pronunciava quelle parole: - le tagliatelle, ve', ragazzi! - il punto
che conteneva lei e noi
tutti s'espandeva in una raggera di distanze d'anni-luce e
secoli-luce e miliardi di millenni-luce, e
noi sbattuti ai quattro angoli dell'universo (il signor Pbert
Pberd fino a Pavia), e
lei dissolta in non so quale specie d'energia luce calore, lei
signora Ph(i)Nko, quella che in mezzo al chiuso nostro
mondo meschino era stata capace d'uno slancio generoso, il primo,
«Ragazzi, che tagliatelle vi farei mangiare!», un vero slancio
d'amore generale, dando inizio nello stesso momento al concetto di
spazio, e allo spazio propriamente detto, e al tempo, e alla
gravitazione universale, e all'universo gravitante, rendendo
possibili miliardi di miliardi di soli, e di pianeti, e di campi di
grano, e di signore Ph(i)Nko sparse
per i continenti dei pianeti che impastano con le braccia unte e
generose infarinate, e lei da quel momento perduta, e noi a
rimpiangerla.
Italo Calvino, "Tutto in un punto", Le Cosmicomiche (1965)
(Silvia Di Maulo)