In questa piovosa seconda decade di ottobre inauguriamo Orgoglio Torvo, rubrica dedicata a quanto di bello, in senso artistico, abbia prodotto il genere umano ispirandosi a un animaletto a caso, a noi particolarmente caro: il corvo. Oggi ci dedichiamo alla musica e, nello specifico, alle canzoni in cui sono presenti corvi.
Il corvo non è un usignolo melodioso e
nemmanco un vezzoso canarino. I corvi sono uccellacci con la
raucedine, zompettano mezzi sghembi come vecchi che scaracchiano in
terra; mentre volano cacciano fuori versi sgraziati che fanno
spaventare i bambini. Ma in tutto questo non c'è che Natura, i corvi
sono così e vanno bene esattamente così come sono; il loro aspetto
cupo e inquietante è tanto malconcio ai nostri occhi per prassi e
voluttà – sempre nostre – nel senso che tutto il marcio e il
minaccioso che gli si associano sono frutto di castelli mentali
dettati da umane convenzioni che nulla hanno a che spartire con le
qualità intrinseche delle bestie.
Se a questo mondo non ci fosse
qualcosa o qualcuno da demonizzare, cui dedicare appassionate
sassaiole e su cui puntare il dito scuotendo la testa, tutto sarebbe
uniforme, omogeneo, piatto, senza sagome da distinguere e da cui
distinguersi all'orizzonte. Tutto sarebbe uguale a se stesso, esente
da giudizio; nessuno avrebbe in mano i numeri per ergersi a bravo,
bello e buono della banda. E così ci fanno da sempre un gran comodo
il babau, la pecora nera e il pennuto corvino di turno; ci servono a
definirci al negativo come qualcosa di luminoso, lindo e profumato,
fungono da cassonetto indifferenziato delle brutture e delle paure
che ci stringono il cuore.
Il Corvo Torvo al mito del καλὸς καὶἀγαθός gli ha sfilato via il mantello e la calzamaglia da
Superman da un bel po' – diciamo dal momento stesso in cui ha visto
i natali nel lontano (?) 2004; e infatti non ha scelto di chiamarsi
tipo La candida colomba o La passera immacolata. Alle cose troppo
calcolate e/o perfettine Il Corvo preferisce quelle spontanee e un po' sfasciate da eroico furore
à la Giordano Bruno – che pure lui, non per niente, mica si
chiamava Giordano Pallido, e in uno dei suoi viaggioni in versi
accostò le penne nere del corvo al lucore di Apollo, dio del Sole e
delle Arti.
Insomma per chiudere il pilotto: il corvo è percepito
culturalmente come una bestia spiacevole e disturbante, ma c'è chi
ha superato la soglia della consuetudine e si è lasciato ispirare
creativamente dal suo fascino apparentemente sinistro. In
particolare, il mondo della popular music è pieno zeppo di canzoni
in cui compaiono corvi e cornacchie varie, a volte come semplici
evocazioni di immagini o stati d'animo scenografici, altre volte in
qualità di prima donna di cui si tenta di indossare le piume. Il
Corvo, fiero della propria torva identità, ve ne propone una raccolta selezionata fra la
miriade di brani in circolazione.
La prima canzone è tanto scontata
quanto imprescindibile. Dà il nome alla vostra osteria lancianese
preferita e l'ha pubblicata VINICIO CAPOSSELA nel 1996 ne Il ballo di
San Vito.
Il Corvo Torvo è un pennuto solitario; incrocia il suo destino al lume di
candela con quello dell'io narrativo fra un buon disco di jazz che la
sa lunghissima e uno sciame di donzelle che sventolano fiorellini
profumati sotto il becco, scaturendo nulla più di un fremito che
lascia il tempo che trova insieme alla pena per l'unica lei che dice
di no.
Nel 2005 lo strafico DEVENDRA BANHART ha intitolato un intero album a un corvo – per di più storpio. La title track Cripple Crow è un brano che strappa il cuore, è il ricordo lucido e commovente della distruzione causata dall'arrivo degli Europei fra gli indigeni americani, che accolsero i nuovi venuti in pace, a braccia aperte.
Il povero corvo della canzone, già
abbastanza malridotto di suo, è chiamato dall'aldilà a pronunciare
un piccolo commiato pietoso sui resti dei morti innocenti.
Hejira è un disco del 1976 ed è stato composto da JONI MITCHELL interamente on the road. La signora canadese del folk in quegli anni apriva il proprio percorso musicale al jazz, tant'è che al basso elettrico compare Jaco Pastorius. Anche soltanto per questo Black Crow è un brano mozzafiato.
Al corvo nero del
titolo la cantautrice paragona il suo volo, il suo viaggiare
vagabondo e invincibile che spesso diventa planare al basso, nel buio
con l'anima in esilio forzato dall'istinto ridotta a brandelli, alla
ricerca dei piccoli bagliori inaspettati per cui vale la pena il
rischio del pantano e del pericolo.
Il blues è uno dei pallini più tondi del Corvo Torvo. In attesa del ritorno auspicatissimo di Puzza Fa' Lu Blues, è doveroso quanto confortevole rispolverare un vecchio pezzo del 1966 di SKIP JAMES, il cui falsetto e morbido timbro decantano in prima persona la finaccia imposta a una ragazza, colpevole – a dire della prima persona di cui sopra – di un atteggiamento un po' troppo spavaldo.
Crow Jane – e qui il corvo è il nomignolo della
poverina – si becca una pallottola (forse anche più di una) e
finisce prematuramente sottoterra.
Crow Jane Alley strizza probabilmente l'occhio a Skip James, e WILLY DEVILLE ha mantenuto con la matrice blues delle origini un rapporto costante durante il corso di tutta la sua eclettica carriera musicale. L'ambientazione di questo brano è uno squallido motel del South-West, di quelli che si vedono nei film americani, con l'insegna al neon mezza scassata e brutti ceffi panzuti col cappello da cowboy e i baffi arrotolati.
Il corvo qua si
nasconde nel nome del buio corridoio antistante il motel; Willy
vorrebbe uscire dalla sua stanza per scendere a comprarsi un boccone,
ma dovrebbe attraversare questo benedetto Crow Jane Alley che gli
mette una fifa pazzesca, così rinuncia.
Black Crow Blues è stata scritta da BOB DYLAN nel periodo delle prime esperienze lisergiche e del vagabondaggio per l'Europa con Nico. Era il 1964, e il blues del corvo nero che ne uscì fuori è stata la prima canzone di sempre in cui Dylan suonava il pianoforte.
I corvetti della canzone se ne
stanno appisolati su un prato ai bordi di una strada; a pochi passi,
il povero Bob rimpiange un amore che l'ha mollato. Insomma, non si
tratta del classico brano d'impegno che ci si aspetterebbe.
Raw è una ninnananna country-folk ipnotica giocata con mellotron, piano, violoncello e il sussurrare penetrante, scarno e profondo di Howe Gelb, un signore che trabocca fascino da ogni poro epidermico. L'intero album dei GIANT SAND da cui è tratta la canzone – Chore of Entchantment, 2010 – è una collezione di pezzi visionari, tanto nei testi quanto negli arrangiamenti, che trasportano seduta stante in un qualche deserto ideale al crepuscolo, a rimuginare davanti a un falò e una scatoletta di fagioli messicani.
Così, in Raw il senso di solitudine di un uomo in mezzo
al nulla si accompagna a un corvo triste e desolato, che si fa cedere
il posto dagli uccellini spensierati e querruli del mattino.
Il corvo degli SHELLAC è parecchio più antipatico e martellante di tutti quelli che abbiamo ascoltato fino ad adesso.
Il 1994 la band di Steve Albini usciva con un disco di post-hardcore ossessivo, strillatissimo e violentissimo, una botta di paranoia e chiodi sotto i piedi che si chiamava At Action Park. All'Osteria non è propriamente il caso di mettere in sottofondo roba mentre cenate, ma qua sul blog ci sta tutto, Crow è un pezzo che, come dicono a Lugano, spacca de brutto.
JAMIROQUAI è un balsamo per le orecchie. Il suo corvo nero acid jazz è un osservatore silenzioso dei guai orrendi che gli umani procurano con le proprie zampacce a se stessi, ai propri cuccioli, alla Terra tutta.
Jason Kay lo bombarda
di domande sulla sua rotta e sui suoi pensieri al tramonto, ma lui
non risponde. Giustamente ha già le sue rogne da grattarsi... Black
Crow è estrapolata da A Funk Odyssey del 2001.
Anche PAOLO NUTINI ci ha messo di mezzo un corvo. Cherry Blossom è un pezzo malinconico e psichedelico, in cui il nostro amico pennuto è assimilato al lato più oscuro, intimo e incatalogabile dell'animo umano. Deve essere brutta la vita per i cantanti bellocci, perché uno si aspetta roba da boy band. Chissà quante copertine avrà dedicato Cioè al visetto pulito di Paolo... Che invece ha anche una gran voce soul da uomo vissuto, e insomma non è tutto boccioli e ciliegie. Trovate Cherry Blossom in Caustic Love, album del 2014.
Per ora vi lasciamo qui, ma altre canzoni corvine arriveranno, perché ce ne sono ancora molte e perché Il Corvo è inaspettatamente vanitoso e adora certi omaggi – nel bene e nel male. Potete ascoltare la playlist completa con le canzoni che abbiamo selezionato fin qui direttamente su YouTube, a questo link.
Lo accettate un umile cra-cra dopo tanta bellezza?
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