"Cosa essere tu?" |
Ai
frequentatori abituali del Corvo
Torvo
non sarà sfuggita una particolare predilezione
di Silvano
per le pietanze a base di funghi. All'osteria
amiamo i funghi,
siamo appassionati di funghi, vi proponiamo preparazioni con funghi
ogniqualvolta ci è possibile – vale a dire quando favorevoli
congiunzioni astrali ci mettono a disposizione materia
prima di qualità.
Poiché – repetita
iuvant
– coi funghi non si scherza, e per quanto squisiti siano loro e per
quanto golosi siamo noi di loro, il gioco non vale la candela: mai
rischiare l'ingestione di esemplari mal conservati e della cui
identità non si è pienamente sicuri.
Di funghi si può anche morire,
la loro raccolta è regolamentata da leggi imprescindibili (per
quanto concerne la Regione
Abruzzo,
in particolare, potete fare affidamento a questo
link)
e occorre sempre rivolgersi all’Ispettorato
Micologico
dell'A.S.L. di riferimento per il riconoscimento
delle specie fungine raccolte.
Quello
dei funghi – o miceti – è un Regno
Biologico vastissimo e variegato
in quanto a morfologia e numero di specie. In questa sede e in questo
contesto non possiamo che dedicarci ai funghi nei quali vi sarà
capitato di imbattervi banchettando al Corvo, che sono poi quelli
incrociabili per i boschi dell'Alto
Sangro
e zone limitrofe in particolari circostanze ambientali. In generale,
l'unica condizione climatica in cui la fruttificazione micetica si
blocca è quella di forte calore e secchezza dell'aria, sebbene in
natura si trovino perfino funghi vegetanti su terreni sterili e
sabbiosi che si alimentano per mezzo di residui organici presenti nel
sottosuolo.
L'apporto
nutrizionale dei funghi è abbastanza scarso, e il loro valore
alimentare
è prettamente gastronomico.
In media 100 gr di funghi forniscono
dalle 10 alle 20 Kcal.
Sono composti da acqua per il 90-94%, protidi per il 2-5%,
carboidrati per il 2-4% e lipidi 0-1%. Essendo in essi presenti anche
fibre indigeribili – cellulosa
e chitina
– i funghi possono provocare disturbi
di natura gastro-intestinale
in soggetti predisposti.
Ora,
torniamo ai funghi con cui abbiamo familiarità dalle nostre parti.
Abbiamo selezionato un piccolo campionario dei
ritrovamenti
effettuati dal prode Silvano medesimo durante le sue leggendarie
escursioni silvestri. Questa è la prima di una piccola serie di
“puntate” di funghi
for dummies:
date un'occhiata e tenete bene a mente per quando decidete di
avventurarvi fra le fitte coltri boschive dei dintorni se non siete
tanto pratici (magari indossate pure un bel paio di stivali di gomma
e portatevi dietro il TomTom).
Per
ogni tipologia di fungo indichiamo il nome
scientifico,
composto da due termini – il
genere
e la specie
– più i nomi, spesso variabili da luogo a luogo, con cui è
conosciuto fra noi comuni mortali.
***
Amanita panterina |
Amanita
pantherina
Cominciamo
la rassegna dei funghi in cui avete possibilità di imbattervi dalle
nostre parti con un tipetto da evitare assolutamente quanto meno a
tavola, a causa della sua velenosità.
È molto
comune
nei boschi di conifera
e latifoglia dall'estate all'autunno,
ed è conosciuto popolarmente come Amanita
panterina, Tignosa rigata, Tignosa bigia e Tignosa bruna.
Il
cappello
di questo fungo, di forma
convessa o piana,
ha colore
brunastro
ed è solitamente ricoperto da piccole verruche
bianco latte
dai margini striati. Il gambo,
bianco,
ha forma
cilindrica
assottigliantesi verso l'alto. Presenta un anello
liscio.
L'Amanita
panterina non emana odori particolari; come accennavamo è da
escluderne l'uso alimentare perché è velenosa.
L'ingestione, a parte i più comuni disturbi
gastro-intestinali
da intossicazione, provoca la cosiddetta sindrome
panterinica,
una sindrome a “breve
latenza”
che sopraggiunge dopo circa 15 minuti e non si protrae oltre le 4
ore, con disturbi al sistema
nervoso
quali euforia,
stato
confusionale,
collera, dilatazione e restringimento della pupilla (midriasi),
ipotensione, tachicardia, convulsioni
e perfino coma.
Boletus edulis, meglio noto come Porcino |
Boletus edulis
L'aggettivo
latino edulis
significa “commestibile,
edibile”.
I nomi volgari più diffusi per questo fungo sono Ceppatello
buono
e – soprattutto – Porcino.
Lo si può trovare dall'estate
fino a tutto l'autunno in tutti i tipi di bosco a esclusione di
quelli di larice.
Il
cappello
è emisferico,
poi convesso;
è leggermente rugoso e di colore che va dal castagno
al biancastro.
L'imenio
– che è la parte sottostante il cappello che produce le spore,
cioè le cellule riproduttive del fungo – è invece di colore
bianco-giallastro virante al verde.
Il gambo,
di colore bianco-grigiastro,
si presenta in forme variabili – a volte è cilindrico,
altre simile a un bulbo
– ed è ricoperto da un reticolo
bianco
a maglie allungate. La polpa
al taglio è di colore bianco
con qualche sfumatura
rosea,
e tale pigmentazione tende a restare stabile. Il carpoforo
– l'insieme di cappello, imenio e gambo, ovvero il fungo inteso
come “frutto”
nella sua interezza
– può raggiungere dimensioni abbastanza grandi, con oltre
i 30 cm di diametro nel cappello.
Il
Porcino ha un odore
molto caratteristico e gradevole,
ed è fra i funghi più conosciuti e apprezzati per uso gastronomico.
È ottimo
anche essiccato, polverizzato e conservato sottolio.
Famigliola di Boleti pinicola |
Boletus
pinicola o Boletus pinophilum
È
conosciuto coi nomi
volgari Boleto
pinicola, Pinicola, Pinofilo, Porcino dei pini e Porcino rosso.
È possibile trovarne esemplari da
giugno a novembre;
in Italia cresce nel Sud
in boschi misti di conifera
e latifoglia.
Porcini rossi innamorati (forse) |
Il
cappello,
emisferico,
è di colore da
rossiccio a nerastro,
e ha consistenza
piena e carnosa.
Nell'imenio
i tubuli hanno colore giallastro-verdastro,
mentre i pori sono piccoli e tondi. Il gambo
è robusto
e massiccio,
ricoperto da un reticolo
rossastro.
La carne
al
taglio si presenta bianca.
Anche il Pinicola può raggiungere le dimensioni
notevoli
dell'Edulis.
In
cucina è ottimo
e presenta caratteristiche organolettiche simili al Porcino.
Porcinello |
Boletus rufus
o Leccinum aurantiacum
È
conosciuto coi nomi volgari Boleto
rufo, Leccino, Porcinello, Rossino
(il latino rufus
significa letteralmente “dai
capelli rossi”,
mentre aurantiacum
ha il significato di “aranciato”).
Lo si trova in autunno,
in particolare in
boschi di betulla e pioppo.
Presenta
un cappello
inizialmente emisferico,
poi convesso e piano,
di colore arancio.
L'imenio
è formato da pori piccoli e tondi, e lunghi
tubuli di colore grigiastro.
Il gambo,
di forma
cilindrica,
è piuttosto lungo e si assottiglia verso la parte alta; in
superficie è rugoso
e striato,
e presenta
squame scure.
Quando
si taglia il fungo, la polpa
a contatto con l'aria tende a ossidarsi dal grigio verso
il rosa e l'azzurro.
L'odore
del Boletus rufus non presenta particolarità apprezzabili, mentre in
cucina ha buona
resa e
buona
appetibilità.
In cottura
diventa nero.
Il gambo
resta abbastanza legnoso,
e per questo c'è chi lo scarta salvando esclusivamente il cappello.
(Silvia Di Maulo)