Siete sul blog dell'Osteria Il Corvo Torvo di Lanciano (CH). Parliamo di Gastronomia, Buon Bere, Arte, Territorio. Mettetevi comodi, siete i benvenuti!
È un po' strano tornare
a comunicare qui dopo l'annuncio della chiusura del Corvo Torvo a fine dicembre,
soprattutto quando l'occasione si chiama Menu di Fine Anno.
Fa molto
ultima cena / ultimo cenone dopo che vi hanno spoilerato che finirà
con bacio di Giuda, crocefissione e tutto il resto, e ha quella
venatura di veglione funebre che tanto gonfia il petto di sospiri
malinconici.
Il 31 dicembre 2015 passate a mangiare e brindare con noi, perché
un Corvo Torvo così com'è stato non può più esserci; e a parte che è San Silvestro ed è categorico festeggiare e tutto, si chiude una storia importante - come direbbe Eros - e insomma è il caso che ci siate.
E però per favore, senza sbrodolamenti! Il Corvopensatelo come a una specie di fenice, salutatelo in vista di cose
nuove e stimolanti all'orizzonte: per lui in quanto totem, per chi un giorno ne
riceverà l'eredità spirituale (si spera), per Debora e Silvano che
ne hanno plasmato la buona stella in tutti questi anni, e per tutte
le braccia su cui sono state rimboccate maniche di solerti
collaboratori.
Le maniche citate, lo sapete: sono puramente ideali.
Al Corvo si sgambetta in t-shirt, perché ai fornelli si suda, il
vino riscalda, e il resto lo fa la famosa passione. Quanto si è
fatto, lo si è portato avanti perché così usciva di suo, ci si è
sempre messo “del nostro”, a cuore aperto, senza troppi
formalismi. E continuando imperterrito a fregarsene beatamente
dell'etichetta, Il Corvo Torvo tutto vi gracchia il suo ultimo invito
per un ultimo, impedibile, spontaneo e scapigliato rito godereccio.
Vi serviremo:
Carpaccio di maiale *
Zuppa di lenticchie e
castagne *
Ravioli di agnello con
crema di zucca e porcini *
Bocconcini di cinghiale
al cerasuolo e trombette dell'abbondanza *
Tiramisù meringato con
crema al torrone
Insomma, "domani" è un
altro giorno, è un altro anno, è un altro Corvo, è un'altra
vita... Conserveremo un buon ricordo di quanto è stato. Chiamateci allo 0872 716303 e passate ad
abbracciarci, è stato tuttoun immenso piacere.
Superfluo e impossibile è anche soltanto provare a dire quanto ci mancherete. Cra!
Quelle che state per leggere sono le
parole più brutte e prive di senso pubblicate da due anni e qualcosa
a questa parte sul blog.
Il Corvo chiude. Niente più cra-cra,
oste rilassato, foglie di ceramica, Francesca e Annalisa che si smazzano
fra i tavoli mentre vi prendete qualche chiovo potente
scarabocchiando le tovagliette di carta... Manco più musica figa,
nulla più, tutto finito. Un posto così nei paraggi non c'è.
Chiedetevi se c'è, e rispondetevi da soli no non c'è, per un
milione di motivi. Pregi e difetti del caso, tutto insieme... Sommate e sottraete. Ma non
c'è un posto così, non ci sarà più.
La cosa più orrenda di tutte è cheIl
Corvo non chiude perché non ci va gente, e allora certo che dovrebbe
chiudere. Anzi, Il Corvo va bene, e questa è proprio la parte
peggiore della questione. Il Corvo è strapieno di gente il sabato, e
non riesce a starsene mai tanto per i cavoli suoi manco prima del
weekend. Insomma, lavoro ce n'è e pure tanto, ed è probabile che ce
ne sarebbe stato ancora di più nei mesi a venire. Lo dice sempre quel coglione boyscout che siamo fuori dalla crisi. E infatti siamo fuori dalla crisi e Il Corvo chiude.
Il fatto è che
non importa quanto uno si spezzi la schiena e ci sia da sgobbare
davanti ai fornelli e alla lavastoviglie, non importa quanto tu sia pronto a rischiare pur di fare qualcosa che piace a te prima di
tutto, in cui sei pronto a mettere la tua faccia, qualcosa che ti
appaga, che ti tira da morire e devi fare se non vuoi sputarti quando ti guardi allo specchio, qualcosa di diverso dall'ordinario, di forte,
di vero, di fuori mercato – e non importa neanche quanto tutto questo venga
ricevuto o apprezzato. Non importa più un cazzo di niente perché lo
Stato se lo mangia a tasse, e tu non puoi farci nulla.
Sì, questo è
un fantastico post che piove, governo ladro, e Il Corvo
sostanzialmente chiude per cose poco romantiche e molto pragmatiche, le tasse, perché se hai un'attività di
ristorazione e vuoi mettere sulla tavola roba degna rispettando tutte
le regole, pure quelle più assurde e pretestuose, poi non solo ti va
di lusso se non ci rimetti di tasca tua, ma ti ritrovi pure a tirare
a campare in un posto che ha da offrire pochissimo in termini di
servizi e cultura e sanità e istruzione. Chi se l'aspettava che sarebbe tutto finito
scrivendo cose tipo un Del Debbio da due lire?
Ma voi, nei panni di
uno che si fa un mazzo tanto per seguire la bellezza e condividerla
in tutto quello che tiene sotto mano – nel cibo, sui muri,
nell'aria – e vede che questa cosa è accettata, ben voluta, ha
riscontro; voi nei panni di uno che poi si ferma a tirare le somme e
si rende conto che il sistema gli risucchia metà delle risorse
psicofisiche e monetarie, e in cambio gli para davanti un orizzonte
di sbattimento a ruota e zero prospettive di miglioramento,
nonostante tutto regga alla perfezione; voi, in quei panni lì,
quanto resistereste senza strapparveli di dosso e sfanculare tutto?
Il Corvo chiude perché manco andare bene è più sostenibile. Andare
bene è sostenibile fino a quando sei disposto ad accettare lo
sfiancamento del morto a galla. Avete figli? Chi ha figli la gloria
dopo un po' se la mette sotto le scarpe, perché con la gloria da
sola non ci paghi le bollette di casa, e dopo un po' la gloria
incattivisce e toglie la voglia di fare. Conservate i ricordi
migliori, Il Corvo non c'è più perché non c'è alternativa.
Povero corvo... Nella tradizione
letteraria non ha fatto quasi mai una figura anche soltanto passabile. Qualche eccezione
consolatoria in effetti esiste e l'abbiamo registrata, ma in generale
le sue penne scure e il suo vociare non propriamente gradevole lo
hanno reso oggetto di associazioni mentali poco edificanti, se non
di maledizioni vere e proprie.
Storie in letteratura che coinvolgono
a vario titolo il nostro pennuto preferito ce ne sono in larga
misura, e per questo contesto ci accontentiamo dell'adagio nel bene e
nel male, purché se ne parli.
Ecco una selezione di grandi classici
letterari contenenti corvi; va da sé che pure nei casi in cui questi
ultimi sono tacciati di cosacce brutte, vi consigliamo lettura e
approfondimento: anche solo per dissentire sull'eventuale visione
globale negativa sottesa, esprimere solidarietà ai nostri amati, e
dare voce all'Orgoglio Torvo che – se siete arrivati fino a qua – innegabilmente vi contraddistingue.
Icona messinese del profeta Elia, XVIII secolo
I primi corvi letterari importanti che
trattiamo qui risalgono alla narrazione biblica incentrata sulle
vicende di un personaggio abbastanza impegnativo. Il profeta Elia
appare in lungo e in largo nei Libri dei Re 1 e 2 della BIBBIA,
resuscitando gente, moltiplicando cibarie, ammonendo sovrani zozzoni
e assassinando a mani nude frotte di infedeli.
Alla fine Elia neanche
muore, tanto è poco ordinario il suo caso umano, ma viene rapito da
un carro infuocato condotto da cavalli che trascinano il profeta in
un turbine fino al cielo (2Re 2,11) – come una specie di Gesù in
ascensione o un Apollo perso nel sole.
Fra le mille e più avventure in cui è implicato questo impavido
personaggio ce n'è una che ci interessa da vicino:
all'inizio della sua carriera di rimbrottatore di malfattori, Elia se
ne va in eremitaggio forzato a vivere in mezzo alla natura
dissetandosi alle acque di un torrente. Qui viene sfamato da dei
fantastici corvi che, maestri della ristorazione pure in mezzo alla
carestia, gli garantiscono una dieta varia ed equilibrata a base di
pane e carne (1Re 17,3-6). Il tutto accade per intercessione e volere divini – e qui non
aggiungiamo altro per non essere blasfemi e non scivolare sulla facile
buccia di banana dell'autocelebrazione.
Esopo (VI sec. a.C.), Fedro (I sec.) e
Jean de La Fontaine (XVII sec.), invece, al corvo gli hanno fatto
fare tutti quanti una figura abbastanza barbina – una figura unica
cumulativa, dato che di base raccontano la medesima vicenda.
IL CORVO E LA VOLPE è una favola vecchia come il cucco, è stata narrata a
vario titolo da tutti i letterati citati di cui sopra. Come
si ricorderà, è la storiella di un corvo un po' tordo e parecchio
vanitoso: si lascia fregare un pezzo di formaggio da una volpe che lo
adula e lo invita a cantare per dimostrarle che la bellezza delle
penne corrisponde a un talento vocalico improbabilissimo. Il corvo è
di quelli a cui piace piacere – ego smisurato?, insicurezza? – e
che si gongolano nelle sviolinate; spalanca il becco e gli cade il
formaggio, prontamente afferrato dalla volpe, che si da alla
fuga. Giovanni Arpino – giornalista e
scrittore del secolo scorso – ha persino inventato una coda alla
favola, nella quale il corvo, oltre alla figuraccia, fa anche una
brutta fine e ci lascia le penne per zampa della figlia della volpe.
Altre pagine, altro esimio letterato, e
altro corvo soprattutto – che però, nel caso specifico che segue,
c'entra in maniera alquanto ambigua.
Giovanni Boccaccio, quello del
Decamerone, a un certo punto della sua vita – in piena andropausa
pre-mortem, intorno al 1365 ad essere precisi – ripudia amore
cortese e storielle sconce in un sol colpo, prendendo la strada della
misoginia. Nel CORBACCIO butta giù un delirio violentissimo nel
quale immagina il defunto marito di una donna che ha rifilato un
due di picche a un tale disperatissimo – il tale dell'io narrante – mentre sciorina tutta una serie di invettive nei confronti della vedova,
volte a mostrare la vera natura odiosa, arcigna e lussuriosa non solo
di lei, ma di tutte le donne in stock. Il tono di Boccaccio è fra il
grottesco e l'acido, tanto che fra i filologi del caso c'è chi
sospetta che qualche donna gliel'avesse negata, e lui medesimo
stesse più o meno vagamente, autobiograficamente e definitivamente
rosicando di brutto (come sapete la ciuccia inciuccinisce soprattutto chi ne
soffre la carenza). Quello che resta incerto è a quale
corbaccio si riferisca il titolo della prosa: forse al corvo
come allegoria gracchiante «simbolo funebre di maldicenza e aggressività»,
oppure alla vedova per «il color nero del [suo] vestimento». Comunque sia, nulla di simpatico.
Illustrazione di Édouard Manet
Qualche secolo dopo Edgar Allan Poe si
sballava tantissimo con tutto quello che gli capitava sotto. Alcool e droga a manetta lo trascinavano in
viaggioni tremendi e soffertissimi, in cui il poveraccio non si sa se
trovasse il conforto o l'oblio cui – supponiamo – aspirasse, ma
quantomento fu da essi agevolato alla costruzione di un'estetica personalissima
piena di fascino lugubre. Tutto ciò che cercava Poe con ossessione maniacale
era Bellezza, completa e incontaminata – scevra da intenti sociali
o didattici. La cercava nella musicalità dei suoni delle parole e
nelle immagini misteriose ed evocative, e sicuramente fece centro nel
1845, quando conquistò la fama con la poesia THE RAVEN (Il Corvo),
tradotta e commentata in Francia da mostri sacri e altrettanto
maledetti e fraciconi come Mallarmé e Baudelaire. La Bellezza di cui sopra qui comprendeva l'uccello del malaugurio
(«the bird of ill omen», così l'autore spiegava il senso del
nostro amato pennuto),
nonché profeta e insieme cosa del male, che incessantemente ripete
il suo famoso nevermore (mai più!) in ricordo della defunta amata
Lenore della finzione poetica.
ULTIMO VIENE IL CORVO è un bellissimo
racconto del 1947 di Italo Calvino, nonché raccolta di brevi
storie contenenti il racconto stesso pubblicata nel 1949. Nel nostro
piccolo vi invitiamo a leggere per la
tensione emotiva e la lucidità realista con cui l'autore riesce a
cogliere l'assurdità di un omicidio – e, con esso, di qualunque assassinio – sullo sfondo della Resistenza e
delle campagne del settentrione.
Il corvo anche qui presta le sue
penne in funzione di messaggero funesto. Calvino – e non dobbiamo
dirlo noi – è un maestro nel cogliere il carattere contemporaneo
ed eterno dei simboli della ritualità umana. Il suo è un corvo
solenne che appartiene a tutte le epoche della storia umana e delle sue
guerre stupide e innecessarie.
Illustrazione di Attilio Mussino
L'ultimo corvetto letterario che
citiamo qui appare in uno dei testi più conosciuti, diffusi e per
questo motivo snaturati al mondo in codazzi di versioni varie ed avariate, ovvero il PINOCCHIO di Collodi. All'inizio del XVI capitolo, il burattino viene recuperato impiccato a un albero grazie all'intervento della Fata Turchina, che lo
sistema a letto privo di sensi e chiama al suo capezzale tre medici
affinché lo recuperino. Uno dei tre è appunto un Corvo, che assolve
le sue tradizionali funzioni di menagramo pure in questa situazione e
spaccia paradossalmente il pezzo di legno Pinocchio per morto.
Ogni pretesto è giusto e sacrosanto
per ospitare i Dago Red fra le solide e pietrose mura del Corvo.
Stavolta l'occasione buona ce l'ha apparecchiata su un piatto
d'argento PerCorso Roma, che il prossimo venerdì riempirà i locali
aderenti di Blues&Food con 7 eventi live di musica che spazia dal
blues al jazzpassando per tutte le felici e disparate contaminazioni
del caso. Bello, no?
I Dago Red suoneranno all'Osteria il 20 novembre, a partire dalle 21.30, e
torneranno a condividere il loro repertorio di folk e blues nutrito
di brani storici del genere, insieme a pezzi originali tratti dai 3
album all'attivo – che potete ascoltarvi anche online direttamente
da qui.
Di loro abbiamo già detto e scritto, ci piacciono un sacco e li
aspettiamo ad ali spalancate, perché sanno di buono, di familiare,
di caldo e corroborante, come il vino rossotracannato dai disgraziati dagoes
italici immigrati che cercavano fortuna – o perlomeno sopravvivenza
- nel Nord-America dei primi decenni del secolo scorso; come quel
conforto alcolemico un po' cerimoniale e un altro po' scavezzacollo che si portano nel nome, e che riecheggia negli
aromi e nei colori nell'orizzonte domestico, modesto eppure classico,
nella sua essenzialità venata di dissacrante ironia 100% bluesy, dell'omonima
raccolta di racconti – Dago Red, per l'appunto – del corregionale
John Fante.
Vi consigliamo di prenotare per tempo, perché quando ci sono i
Dago Red nei paraggi i tavoli vanno via come il pane – non stiamo esagerando. Quindi
chiamateci allo 0872 716303, e poi keep on bluesin' e keep on cra-cra-cra!
Diciamocelo senza troppi giri di
parole: Silvano e Debora, la festa di Halloween, non se la sono
filata di striscio mai e poi mai in undici e passa anni di
sbrigliatissima carriera.
Per snobberia? Per pigrizia? Perché i
dolcetti cariano i denti e non ci va di far ingrassare a sfregio gli
odontoiatri? No a tutte e tre le lecitissime ipotesi.
La questione
nuda e cruda è questa: di feticcio nero e oscuro, all'osteria, ce
n'è uno e insostituibile e si chiama Corvo.
Si dà il caso, fra l'altro, che
questo pennuto sia anche parecchio geloso della propria torvezza, e
insomma non ci si è mai posta neanche lontanamente la questione se
fosse o meno il caso di metterlo in competizione con altre diaboliche icone delle tenebre e, di conseguenza, trasformare una festa goliardica in una mega rissa fra uccelli neri,
pipistrelli e altri individui volanti e particolarmente fetusi tipo streghe o ragni pelosi (che è vero che non volano, ma si intonano a perfezione al resto della truppa).
Il rischio di lasciarci le penne sarebbe stato alto e non era il caso di correrlo.
Quest'anno però le cose sono
davvero diverse. Come sapete abbiamo aderito a PerCorso Roma e
sosteniamo con sommo gaudio le iniziative proposte da questa operosa
associazione - di cui facciamo parte in prima persona – fra cui
quella che, per l'appunto, onorerà la tetra vigilia di
Ognissanti con una speciale rassegna dedicata alla gastronomia.
Nelle serate del 31 ottobre e 1 novembre in tutti i
ristoranti aderenti saranno proposti degli speciali menu a prezzo ridotto dedicati ai
sapori dell'autunno - Osteria Il Corvo Torvo felicemente compresa.
Halloween in realtà – gelosie ornitologiche a parte – è una delle ricorrenze più
rock'n'roll, sbrindellate e anti-tutto dell'anno; a noi quei bei
teschioni minacciosi da biker tempestati di borchie e tatuaggi
lugubri, alla fine, ci sono sempre piaciuti. Per cui questo weekend
coccoleremo il Corvo un po' più del solito affinché non ci scappi
il morto, e festeggeremo il nostro primo torvissimo Halloween come si
deve.
Ecco il nostro menu:
Crostatina di zucca su crema di verza viola Timballino di polenta con borragine e nocciole Filetto di maiale ai funghi dell'Alto Sangro Gateau di ricotta, zucca e cioccolata Vino Villa Medoro Montepulciano
Prezzo € 25,00
Per prenotare potete contattarci, come al solito, per telefono ai numeri 0872 716303 e 347 7158527, oppure via Facebook a questo profilo.
Vi salutiamo col nostro cra più corvino di sempre...
In questa piovosa seconda decade di ottobre inauguriamo Orgoglio Torvo, rubrica dedicata a
quanto di bello, in senso artistico, abbia prodotto il genere umano
ispirandosi a un animaletto a caso, a noi particolarmente caro: il corvo. Oggi ci dedichiamo alla musica e, nello
specifico, alle canzoni in cui sono presenti corvi.
Il corvo non è un usignolo melodioso e
nemmanco un vezzoso canarino. I corvi sono uccellacci con la
raucedine, zompettano mezzi sghembi come vecchi che scaracchiano in
terra; mentre volano cacciano fuori versi sgraziati che fanno
spaventare i bambini. Ma in tutto questo non c'è che Natura, i corvi
sono così e vanno bene esattamente così come sono; il loro aspetto
cupo e inquietante è tanto malconcio ai nostri occhi per prassi e
voluttà – sempre nostre – nel senso che tutto il marcio e il
minaccioso che gli si associano sono frutto di castelli mentali
dettati da umane convenzioni che nulla hanno a che spartire con le
qualità intrinseche delle bestie.
Se a questo mondo non ci fosse
qualcosa o qualcuno da demonizzare, cui dedicare appassionate
sassaiole e su cui puntare il dito scuotendo la testa, tutto sarebbe
uniforme, omogeneo, piatto, senza sagome da distinguere e da cui
distinguersi all'orizzonte. Tutto sarebbe uguale a se stesso, esente
da giudizio; nessuno avrebbe in mano i numeri per ergersi a bravo,
bello e buono della banda. E così ci fanno da sempre un gran comodo
il babau, la pecora nera e il pennuto corvino di turno; ci servono a
definirci al negativo come qualcosa di luminoso, lindo e profumato,
fungono da cassonetto indifferenziato delle brutture e delle paure
che ci stringono il cuore.
Il Corvo Torvo al mito del καλὸς καὶἀγαθόςgli ha sfilato via il mantello e la calzamaglia da
Superman da un bel po' – diciamo dal momento stesso in cui ha visto
i natali nel lontano (?) 2004; e infatti non ha scelto di chiamarsi
tipo La candida colomba o La passera immacolata. Alle cose troppo
calcolate e/o perfettine Il Corvo preferisce quelle spontanee e un po' sfasciate da eroico furore
à la Giordano Bruno – che pure lui, non per niente, mica si
chiamava Giordano Pallido, e in uno dei suoi viaggioni in versi
accostò le penne nere del corvo al lucore di Apollo, dio del Sole e
delle Arti.
Insomma per chiudere il pilotto: il corvo è percepito
culturalmente come una bestia spiacevole e disturbante, ma c'è chi
ha superato la soglia della consuetudine e si è lasciato ispirare
creativamente dal suo fascino apparentemente sinistro. In
particolare, il mondo della popular music è pieno zeppo di canzoni
in cui compaiono corvi e cornacchie varie, a volte come semplici
evocazioni di immagini o stati d'animo scenografici, altre volte in
qualità di prima donna di cui si tenta di indossare le piume. Il
Corvo, fiero della propria torva identità, ve ne propone una raccolta selezionata fra la
miriade di brani in circolazione.
La prima canzone è tanto scontata
quanto imprescindibile. Dà il nome alla vostra osteria lancianese
preferita e l'ha pubblicata VINICIO CAPOSSELA nel 1996 ne Il ballo di
San Vito.
Il Corvo Torvo è un pennuto solitario; incrocia il suo destino al lume di
candela con quello dell'io narrativo fra un buon disco di jazz che la
sa lunghissima e uno sciame di donzelle che sventolano fiorellini
profumati sotto il becco, scaturendo nulla più di un fremito che
lascia il tempo che trova insieme alla pena per l'unica lei che dice
di no.
Nel 2005 lo strafico DEVENDRA BANHART
ha intitolato un intero album a un corvo – per di più storpio. La
title trackCripple Crow è un brano che strappa il cuore, è il
ricordo lucido e commovente della distruzione causata dall'arrivo
degli Europei fra gli indigeni americani, che accolsero i nuovi
venuti in pace, a braccia aperte.
Il povero corvo della canzone, già
abbastanza malridotto di suo, è chiamato dall'aldilà a pronunciare
un piccolo commiato pietoso sui resti dei morti innocenti.
Hejira è un disco del 1976 ed è stato
composto da JONI MITCHELL interamente on the road. La signora
canadese del folk in quegli anni apriva il proprio percorso musicale
al jazz, tant'è che al basso elettrico compare Jaco Pastorius. Anche soltanto per questo Black Crow è un brano mozzafiato.
Al corvo nero del
titolo la cantautrice paragona il suo volo, il suo viaggiare
vagabondo e invincibile che spesso diventa planare al basso, nel buio
con l'anima in esilio forzato dall'istinto ridotta a brandelli, alla
ricerca dei piccoli bagliori inaspettati per cui vale la pena il
rischio del pantano e del pericolo.
Il blues è uno dei pallini più tondi
del Corvo Torvo. In attesa del ritorno auspicatissimo di Puzza Fa' Lu Blues, è doveroso quanto confortevole rispolverare un vecchio pezzo
del 1966 di SKIP JAMES, il cui falsetto e morbido timbro decantano in
prima persona la finaccia imposta a una ragazza, colpevole – a dire
della prima persona di cui sopra – di un atteggiamento un po'
troppo spavaldo.
Crow Jane – e qui il corvo è il nomignolo della
poverina – si becca una pallottola (forse anche più di una) e
finisce prematuramente sottoterra.
Crow Jane Alley strizza probabilmente
l'occhio a Skip James, e WILLY DEVILLE ha mantenuto con la matrice
blues delle origini un rapporto costante durante il corso di tutta la
sua eclettica carriera musicale. L'ambientazione di questo brano è
uno squallido motel del South-West, di quelli che si vedono nei film
americani, con l'insegna al neon mezza scassata e brutti ceffi
panzuti col cappello da cowboy e i baffi arrotolati.
Il corvo qua si
nasconde nel nome del buio corridoio antistante il motel; Willy
vorrebbe uscire dalla sua stanza per scendere a comprarsi un boccone,
ma dovrebbe attraversare questo benedetto Crow Jane Alley che gli
mette una fifa pazzesca, così rinuncia.
Black Crow Blues è stata scritta da BOB DYLAN nel periodo delle prime esperienze lisergiche e del
vagabondaggio per l'Europa con Nico. Era il 1964, e il blues del
corvo nero che ne uscì fuori è stata la prima canzone di sempre in
cui Dylan suonava il pianoforte.
I corvetti della canzone se ne
stanno appisolati su un prato ai bordi di una strada; a pochi passi,
il povero Bob rimpiange un amore che l'ha mollato. Insomma, non si
tratta del classico brano d'impegno che ci si aspetterebbe.
Raw è una ninnananna country-folk
ipnotica giocata con mellotron, piano, violoncello e il sussurrare
penetrante, scarno e profondo di Howe Gelb, un signore che trabocca
fascino da ogni poro epidermico. L'intero album dei GIANT SAND da cui è tratta la
canzone – Chore of Entchantment, 2010 – è una collezione di
pezzi visionari, tanto nei testi quanto negli arrangiamenti, che
trasportano seduta stante in un qualche deserto ideale al crepuscolo,
a rimuginare davanti a un falò e una scatoletta di fagioli
messicani.
Così, in Raw il senso di solitudine di un uomo in mezzo
al nulla si accompagna a un corvo triste e desolato, che si fa cedere
il posto dagli uccellini spensierati e querruli del mattino.
Il corvo degli SHELLAC è parecchio più
antipatico e martellante di tutti quelli che abbiamo ascoltato fino
ad adesso. Il 1994 la band di Steve Albini usciva con un disco di
post-hardcore ossessivo, strillatissimo e violentissimo, una botta di
paranoia e chiodi sotto i piedi che si chiamava At Action Park.
All'Osteria non è propriamente il caso di mettere in sottofondo roba mentre cenate, ma qua sul blog ci sta tutto, Crow è un
pezzo che, come dicono a Lugano, spacca de brutto.
JAMIROQUAIè un balsamo per le
orecchie. Il suo corvo neroacid jazz è un osservatore silenzioso
dei guai orrendi che gli umani procurano con le proprie zampacce a se
stessi, ai propri cuccioli, alla Terra tutta.
Jason Kay lo bombarda
di domande sulla sua rotta e sui suoi pensieri al tramonto, ma lui
non risponde. Giustamente ha già le sue rogne da grattarsi... Black
Crow è estrapolata da A Funk Odysseydel 2001.
Anche PAOLO NUTINI ci ha messo di mezzo
un corvo. Cherry Blossom è un pezzo malinconico e psichedelico, in
cui il nostro amico pennuto è assimilato al lato più oscuro, intimo
e incatalogabile dell'animo umano. Deve essere brutta la vita per i
cantanti bellocci, perché uno si aspetta roba da boy band. Chissà
quante copertine avrà dedicato Cioè al visetto pulito di Paolo...
Che invece ha anche una gran voce soul da uomo vissuto, e insomma non
è tutto boccioli e ciliegie. Trovate Cherry Blossom in Caustic Love,
album del 2014.
Per ora vi lasciamo qui, ma altre
canzoni corvine arriveranno, perché ce ne sono ancora molte e perché Il Corvo è inaspettatamente vanitoso e adora certi omaggi – nel
bene e nel male. Potete ascoltare la playlist completacon le canzoni
che abbiamo selezionato fin qui direttamente su YouTube, a questo link.
Lo accettate un umile cra-cra dopo tanta bellezza?
Chi bighellona abitualmente per
Lanciano sa bene che lungo Corso Roma si affacciano, in particolare,
due tipologie di elementi urbanistici. Prima di tutto, le chiese
storiche: c'è quella di San Francesco che nei mesi caldi richiama
querrule e variopinte carovane pellegrine in visita al Miracolo
Eucaristico; più su Santa Lucia col suo bel rosone gotico, che a
metà dicembre festeggia spesso la notte più lunga dell'anno a suon
di consigliatissime corali; e poi la chiesa di Santa Chiara, con annessa arciconfraternitagothic darkettona che ci dà giù sotto
Pasqua, giusto a mezzo tiro di schioppo dal Corvo.
Porzione del venerabile Cromaticoro (Ph.: M. Lorenzet)
L'altra tipologia di elementi
urbanistici di cui sopra ci riguarda più da vicino, ed è quella
beona e profana costituita dalle numerose attività a sfondo
pappatorio dislocate per la via e immediati dintorni, che fanno di Corso Roma la strada
dei ristoranti di Lanciano. Ce n'è un po' in tutte le salse, e
sembra quasi che, dalla rotonda di viale Cappuccini fin sotto a piazza
Plebiscito, sia tutto un fantastico capitombolo direzione sollazzamento
panze.
In questi giorni di fine estate, per voi oltranzisti del frontegolosista di Corso Roma arriva una bella novità – che in effetti
era nell'aria da più di un anno, e che giunge a completa gestazione
dopo svariati travagli amministrativi e non. Questa novità si chiama
PerCorso Roma ed è un'associazione costituita da 9 fra le piccole e
medie attività di ristorazione che animano la connotazione
conviviale della via. Puntata numero 0 di questa avventura appena
nata è una ricca tre-serate benedetta e patrocinata dalle Feste di Settembre – dal 14 al 16 settembre – che
riempirà il nostro amato corso non soltanto disquisitezze enogastronomiche, ma anche di intrattenimento e arte, conmusica, arti visive, performance di artisti di strada, fotografia, nonché
di un colorato mercatino dell'artigianato. Il tutto è stato messo su con impegno e dedizione con la preziosa collaborazione delFotoClub L'Obiettivo di Atessa e dell'associazione Amici del Mosaico Artistico di Tornareccio. Quest'ultima, in particolare, sarà presente con materiali informativi sulle attività della scuola di mosaico e con opere realizzate dagli allievi durante i laboratori.
In fondo all'articolo potete spulciarvi per bene l'intero programma dell'iniziativa dell'associazione PerCorso Roma, per la costituzione della quale si sono rimboccati le
maniche – oltre, ovviamente, all'Osteria Il Corvo Torvo – Ai Vecchi Sapori, Capitan Blood, Il Chiostro, La Corona di Ferro, La Taverna del Mastrogiurato, Osteria 101 ed Enoteca Santa Lucia. Durante le tre serateverranno propostispeciali menu degustazione.Corso Roma,ça va sans dire, sarà chiusa al traffico, per cui ci saranno anche posti all'aperto, e insomma si potrà cenare nel mezzo della festa.
Mousse al Montepulciano(Ph.: A. Di Carlo)
Qui aIl Corvo Torvo siamo belli rossi e
sanguigni, quindi ci buttiamo sul Montepulciano d'AbruzzoDOC dal
primo fino al dolce con i gloriosi Strozzapreti con salsiccia,
cannella e Montepulciano, l'epico Brasato di maiale al Montepulciano
e la leggendariaMousse al Montepulciano (€ 25,00un quarto di AnxanumEredi Legonziano Montepulciano incluso).
Fra gli
appuntamenti musicali di questa primissima manifestazione di
PerCorso Roma sono questi non possiamo segnalarvene due in particolare, ovveroEmilio Stella(chi ci frequenta, sa!) in concerto a Largo Carabba il 15 settembre e ildivinCromaticoro, che essendo una freca di gente può permettersi il dono dell'ubiquità eil 16 settembrepercorrerà la via in lungo e in largo a mo' di carovana itinerante.
Noi ve li consigliamo non
soltanto perché parte in causa dell'associazione PerCorso Romae
delle attività connesse, ma anche perché coinvolgono amici di
vecchia data del Corvo – e insomma ci piacciono proprio di cuore da
sempre, e siamo sinceramente felici che abbiano accettato di sostenere questo
progetto. Che è sì mangia-bevi-spasso, ma sottindende anche,
idealmente, la riqualificazione e la valorizzazione collettive di questo spazio
urbano – in larga parte inteso
quasi esclusivamente come territorio destinato al turismo religioso e
strada di percorrenza veloce e distratta da parte dei Lancianesi –
in senso socio-culturale e ludico.
Perché poi, diciamocelo pure: la
sera, l'estate soprattutto, fa un po' tristezza camminare per la via
deserta fra i cru-cru dei piccioni che sonnecchiano sulle persiane.
Quindi, oh corvi!, vi chiamiamo a raccolta e vi includiamo
attivamente in questa impresa: scendete in strada con noi,
riappropriamoci insieme di Corso Roma,svegliamo palombelle, capinere,
passerotti e facciamo festa...
Cra e sempre cra!
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PERCORSO ROMA - FESTE DI SETTEMBRE 2015
EVENTI IN PROGRAMMA
14 settembre
Musica
Andrea Castelfranato in concerto (chitarra acustica) - Larghetto San Massimiliano M. Kolbe (Larghetto Santa Lucia)
Redblack in concerto (trio acustico femminile, pop rock) - Largo dei Tribunali
Pochi giorni fa, qui a Lanciano, si è rimessa in moto
la macchina di (Con)Fusioni, ovvero l'inusuale mostra delle opere
incompiute (cit.) ospitata nei locali del Diocleziano e – per quanto
riguarda la ricchissima sezione dedicata alla fotografia – nel Foyer del Teatro
Fenaroli.
Questa sorta di ponderazione condivisa sulla bellezza
destabilizzante e inquieta di tutto quanto èindefinito, imperfettamente vitale,
aperto a infiniti mondi e modi, nasce sette anni fa come collettiva
fotografica da un'idea diLuca Di Francescantonio che, con l'associazione culturale Arena 7, è via via riuscito a inglobare
e coinvolgere un sempre crescente numero di creativi votati a un
cospicuo quantitativo di discipline artistiche. (Ora come ora, più che di
macchina, sarebbe il caso parlare quantomeno di autotreno.)
Quest'anno le opere esposte saranno visionabili fino al finissage di
mercoledì 16 settembre ore 21.30, durante il quale è prevista una
performance a sorpresa; dalla quale, se si pensa che si tratta di una
rassegna votata alla misticanzaa oltranza, è lecito attendersi la
qualunque.
Maurizio Righetti, Fortuna Maurizio Righetti, Madre
Una novità più che degna di nota introdotta dall'edizione
corrente di (Con)Fusioni è stata l'inaugurazione della sezione
dedicata alla gioielleria artistica. Quest'ultima ospita, tra gli altri, anche
Maurizio Righetti, le cui manone capaci e sapienti hanno significato
tanto nella costruzione estetica de Il Corvo Torvo, nel senso che
diversi elementi di artigianato artistico presenti all'Osteria sono
proprio sue creazioni.
Torniamo volentieri a parlare di
(Con)Fusioni qui sul blog pure perché c'è un altro creativo
coinvolto che al Corvo sta parecchio a cuore, Debora Vinciguerra, che
anzi insieme a Silvano e anche più di Silvano – che non si
offenderà – costituisce l'anima più intima dell'Osteria.
Debora Vinciguerra, Le pozze
L'opera di Debora si chiama Le pozze, è
quella di una Grande Madre che gioca a carte scoperte esponendo i suoipesciolini d'argilla ai quattro elementi, nonché a quanti –
visitatori del Diocleziano – si avvicinano ai due capienti vasi di
terracotta chiedendosi: «Ok: pesci e acqua. E poi...?».
E poi succede che a tratti il
gioco si fa un po' crudele, perché l'istinto e l'esempio sollecitano
ad afferrare un pesciolino di quelli ancora umidi, immergerlo
nell'acqua, e osservarlo nel suo confondersi in un pantano in fieri. Lì, tutto ciò che era – e tutto ciò che era, era
ancora in corso di realizzazione – viene sottoposto a un processo
destinato alla destrutturazione, alla deprivazione d'identità, a un
piccolo trapasso anch'esso abbozzato e precario. Eppure, in quello
stesso papocchio torbido, corvino e torvo, è lecito immaginare le
mani di Debora che tornano a infilarsi, inzaccherarsi e frugare, per
poi plasmare cose nuove.
Le (Con)Fusioni di DeboraVinciguerra sono quelle
tutte tangibili, esperienzali, cicliche e in continua evoluzione della
sostanza terrestre, attraversata e resa malleabile dall'acqua,
insieme demiurga e distruttrice in potenza. L'argilla modellata in
forma superstite, arrestata nel fuoco e resa stabile dall'aria, assume
sembianza di terracotta in pesce – una riproduzione della natura,
così come l'arte in senso classico è, in cui sostanza (terra) e
forma (animale) coincidono e sconfinano l'una nell'altra, così come
il tempo e lo spazio in cui si collocano.
Cosicché, il frutto ideale del
tragitto percorribile nell'istallazione di Debora al Diocleziano –
la terracorra come entità definita – è stato presentato durante
l'anteprima Aspettando (Con)Fusioni dello scorso 6 settembre come
parte della mostra fotografica Self Portrait: autoscatti al femminile, curata da Federica Di
Castelnuovo con la collaborazione di Emanuela Amadio (docente di
Storia della fotografia del Centro di Fotografia e Comunicazione di
Pescara, che terrà, sempre in ambito (Con)Fusioni, un
seminario gratuito su Fotografia e sperimentazione venerdì 11
settembre alle 19.00).
Respiri all'amo, opera anteposta cronologicamente all'esposizione di Le pozze al Diocleziano, è la scultura scelta da Debora Vinciguerra per
rappresentare se stessa nella qualità della finitezza relativa e suscettibile di trasformazione: oscillante, compartecipe della carezza del respiro cosmico e
aderente ai flutti casuali cui anche un piccolo soffio o un
trivialissimo spiffero possono consegnarla, eppure sostanzialmente
ancorata, completa, (con)creta, coerente.
La scultura di Debora –
già presentata l'estate passata ad Art in the Dunes
– e i 15 autoritratti fotografici di Self Portrait saranno esposti
fino al 20 settembre in via dei Funai 1, sempre qui a Lanciano, nei
locali dello spazio Pixie Promotion (durante il vernissage del 6, fra
l'altro, si è anche buffettato con frutta e dolce preparati dal
Corvo).
Il Corvo Torvo
non può che consigliarvi di tenere sott'occhio l'intera kermesse,
che vi elargirà materiale da viaggioni mentali a profusione. Potete
consultare il programma di (Con)Fusioni a questo link.